SecondChanceMan. The Waiting Room

È un anno che non scrivi sul blog. Peccato.
Mi capita sempre questo: arriva improvvisamente la voglia di aggiornarlo, questo posto, di dire – a chi? – che insomma, ci sono, ma ho un gran sottosopra intorno (non quello di Stranger Things, no), e forse anche dentro.
Avevo una paura incredibile di questo novembre finito da due settimane esatte, ma pare siamo giunti ad un accordo. Lascio che (tra)scorra senza timore, lui va, prosegue come proseguono tutti gli altri mesi dell’anno. E così è stato. Ci siamo guardati con diffidenza ed abbiamo percorso parallelamente le nostre strade, senza intaccarci e incontrarci più del dovuto.
E ho scoperto e conosciuto cose, durante tutto questo anno. Sentimenti che non credevo di provare, sensazioni che salivano dal basso ventre e mi intorpidivano tutto il corpo. Amore totale, rabbia, incredulità, smarrimento, insicurezza, fiducia, tristezza, speranza e così tante altre cose che non le elencherò mai tutte.
Ricordo solo d’essere immersa in quel tipo di consapevolezza che riesce a starmi attaccata addosso senza difficoltà.
Ho scoperto e conosciuto posti che non avrei creduto di vedere a breve termine, scoprire e decidere di andare a viverci, poi. Sentire il calore del sole sulle gambe in un giorno freddissimo di dicembre, attraversare Roma (quasi tutta) in pochissimo tempo, sentire la commozione pervadermi e riempirmi gli occhi.
Guardare avanti, dietro, accanto.
Allungare il passo, aspettare che ti volti a guardarmi e cercarmi se non senti più la mia presenza esattamente dove sei tu.
Perdersi e cercare di non ripercorrere mai la stessa strada.
Ho perso il conto di tutti i libri che ho letto e ancora leggerò, dei film che ho guardato, dei nuovi che guarderò, degli album ascoltati e consumati, delle persone conosciute e viste una sola volta.
Ho perso il conto degli occhi che ho incontrato, delle iridi di tutti i colori, delle mani di ogni forma e grandezza, dei polsi sottili, larghi, ossuti. Degli orologi di tutti i tipi.
Ho perso il conto delle lezioni di chitarra che ho preso, da sola.
Ho perso il conto dei pomeriggi passati al telefono, delle lettere scritte a mano, dei regali spediti, di quelli soltanto pensati senza avere il coraggio di chiedere l’indirizzo dove poter far recapitare tutto.
Ho perso il conto dei magoni ingoiati e di quelli cacciati.
Ho perso il conto di tutte le verità che ho detto e che (forse stupidamente) pretendo. Che problemi hanno le persone con la verità?
Ho perso il conto dei messaggi scritti e cancellati, delle registrazioni ascoltate e riascoltate avidamente, dei video improvvisi, delle mail mai inviate, della spesa fatta per conto mio senza alcuna lista e lasciandomi solo ispirare.
Ho perso il conto di tutte le volte che mi hai chiesto il perché di ogni cosa.
Ho perso il conto delle cose che ho buttato, che ho regalato perché non ce la facevo più ad avercele sotto gli occhi.
Ho perso il conto dei sorrisi che ho lanciato, letteralmente, addosso a chiunque.
Ho perso il conto delle volte che ho chiesto di mostrarmi i denti.
Ho perso anche il conto delle volte in cui non l’ho chiesto, ma li ho guardati lo stesso, notando somiglianze che hanno finito per piantarmisi in punti precisi lungo la spina dorsale.
We meet over again.

Informazioni su ladonnaignota

Non è che ci sia molto da dire. Anzi, forse sarebbe opportuno precisare che non c'è niente da dire. La donna ignota è silenziosa. Osservatrice. Le piace guardare attraverso la macchina fotografica, ché è come si sentisse protetta dal mondo. Non sopporta il caldo. Ci sono poche cose che farebbe continuamente. Una di queste è tenere gli occhi fissi al cielo, che vuole sempre entrarci dentro. È sintetica e sociopatica, solitamente. Niente più.
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7 risposte a SecondChanceMan. The Waiting Room

  1. Weed Zerker ha detto:

    Sappi che da quando ci siamo incrociati non scrivo più un bàh che sia senza la m.

  2. Kassiber ha detto:

    Sfogo/reazione:
    questa è proprio una mattina…intensa e crudele. Ma l’odierna Peste non c’entra. Poco fa, leggendo il libro più complesso che abbia mai letto, ho provato una sensazione che non riesco e forse non voglio descrivere. Per placarmi mi sono alzato di colpo, mirando a fare un gesto banale e rassicurante, dettato dalla quotidianità: accendere il computer. Ho aperto il mio blog, che ormai non curo più (il tuo incipit), le cose che scrivo rimangono nella mia agenda. Per distrarmi ho deciso di leggere a caso un post di qualcuno che chissà quando mi ha commentato. Sono stato fortunato, anche se il riflesso delle tue parole nella mia vita mi ha turbato, e non poco.
    In ogni caso voglio salvarlo e rileggerlo.

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